su Aiaiay
La reconquista del lector
di Alberto Rossi
La ficción supone, exige trampas. La ficción mide su triunfo en razón directa de la efectividad de sus artificios. "Aiaiay", la primera novela publicada del santafesino Enrique M. Butti, es un intento desesperado por alcanzar esa zona donde "se produce la suspensión voluntaria de la incredulidad" del lector.
Para lograrlo, Butti utiliza los elementos más dispares, y acumula un sucesivo manifestarse de mentiras, confesiones, malentendidos, que van construyendo la anécdota, pero que en realidad sirven para reconquistar la sorpresa y la credulidad del lector contemporáneo, ese lector escéptico, desconfiado, capaz de superar (al mismo tiempo que añora) el engaño de la ficción.
A través de un narrador huidizo, a través de una escritura singularmente entretenida y de un efectivo humor (por momentos de una deliciosa ingenuidad y por momentos de una morbosa penetración) "Aiaiay" construye un mundo en que lo patético convive con lo risueño, la metafisica con la política y lo absurdo con lo cotidiano.
Un enorme, quizá infinito circo (llamado como el de "América" de Kafka, el "Gran Circo de Oklahoma") atraviesa un pueblito perdido en la pampa. Circo y pueblo se contagian sus mutuos delirios, en el desarollo de una representación que no termina nunca de delimitar su juego de realidades. (...)
Se ha hablado de "Aiaiay" como de una "novela-circo", no sólo por el valor que en la anécdota y en la estructura de la novela conquista la representación, sino sobre todo por la puesta en juego de elementos dispares, disparatados, eclécticos, que funcionan en su escritura. Con el rigor matemático con que se ejecutan los números de malabarismo o de magia circense, los ajedrecisticos capí:tulos de "Aiaiay" nos ofrecen distintos puntos de vista de la Historia Universal, a través de personajes que voluntaria o inconscientemente ocultan y transforman la realidad, ofreciendo un mundo que, como el del circo, resulta un reflejo paródico de lo cotidiano.
Los personajes del pueblo, mezquinos, grotescos, frustrados, son las voces detrás de las cuales se esconde el narrador, manipulándolas para engañar a todos (en verdad, al lector) y alcanzar su amor. El humor, la sensible mirada de Butti, rescata sin embargo este sórdido ambiente en una pintura de una humanidad conmovedora y, a la manera de Chesterton (desprejuiciada y antisolemne) religiosa. "Aiaiay" fue seleccionada entre la producción narrativa de 1985 por el Fondo Nacional de las Artes, con un jurado compuesto por José Bianco, Josefina Delgado y Jorge Masciángioli, y acaba de publicarse en Editorial Sudamericana.
su Pasticciaccio Argentino
L'Argentina fa male a Gadda.
Butti: un pasticciaccio Anni 20
di Ernesto Ferrero, in Tuttolibri, La Stampa settembre 1994
Non è difficile immaginare che cosa sarebbe capitato se Carlo Emilio Gadda, ancora in vita, avesse ricevuto la notizia che uno scrittore argentino aveva scritto un romanzo sul suo soggiorno argentino del 1922-24: telefonate allarmatissime ai suoi due angeli custodi, Citati e Roscioni: bestemmie assortite da vero alpino; notti di tremori e palpitazioni e allucinazioni; medici convocati per cardiotonici e tranquillanti a dosi alterne; lettere disperate agli amici milanesi con invocazioni di soccorso; tetre rimuginazioni sulla malvagità del destino avverso e pensieri di suicidio. E magari, come se non bastasse, qualche atroce scherzo telefonico di quelli che gli tirava Goffredo Parise, il quale non si sarebbe certo lasciato scappare una così ghiotta occasione di tortura...
Soggiorno di cui poco si sa: il ventinovenne ingegnere elettrotecnico finiva nella remota Santa Fe, "in esilio interiore", con l'incarico di dare una sistemata agli scassatissimi impianti elettrici di un cotonificio. Scagliato in quelle "piane diluviali", in un ambiente degradato, estraneo se non avverso, percorso da indios inquietanti nella loro subdola animalità, immerso nel brodo tropicale, non è difficile immaginare quali patimenti dell'anima e del corpo vi abbia provato: mitigati soltanto dalla lettura degli amati classici di cui aveva zavorrato la valigia: Leibniz, Spinoza, ma anche il licenzioso Baffo veneziano.
Enrique Butti, (1949, appassionato cultore di cinema con soggiorni romani al Centro sperimentale, già autore del romanzo Aiaiay, uscito da noi nel 1986) non si è scoraggiato davanti ai silenzi delle biografie, anzi, se ne è esaltato sino a inventare un romanzo "medianico", Pasticciaccio argentino. Impresa resa possibile da una conoscenza amorosamente maniacale del suo personaggio: non tanto e non solo le nevrosi, i complessi di colpa, le inclinazioni represse, le fantasie, gli odi furibondi, ma anche e soprattutto lo stile di scrittura, con tutto quello che mette in tensione: il fondo di classica aulicità, il lessico sterminato, i voli lirici che finiscono in sentenziosità, il gusto dei cataloghi, e insomma il complesso retroterra che fa della pagina gaddiana il portento che è. Butti, a farla breve, si è cimentato con un pastiche che ha per protagonista lo stesso Gadda, che vediamo arrivare spaurito su un battello fluviale, subire le accoglienze anche troppo espansive del viscido direttore della fabbrica, e gli occhieggiamenti concupiscenti delle madame Bovary locali, che ravvedono in lui così distinto, seppure inguaribilmente imbranato, un genero ideale. (...)
Qui Butti non sviluppa fino in fondo tutte le potenzialità del gustoso marchingegno che ha costuito: forse gli manca un personaggio che sia l'equivalente del commissario Ingravallo, e il "giallo" finisce per perdere un po' di tensione, sismorza quando deve deflagrare. Restano intatti l'ammirazione e il divertimento per questo simil-Gadda che ha pagine esilaranti da gran virtuoso, ivi compreso il gusto delle note, che ospitano approfondimenti e variazioni enciclopediche, come amava appunto fare l'ingegnere. Ci voleva proprio l'amore totalizzante e vertiginoso per certi sommi scrittori europei che è di molti argentini, da Borges a Soriano: e sembra affermarsi imperiosamente quanto maggiore è la distanza fisica.
L'autore e il lettore italiano dovranno poi una speciale riconoscenza al traduttore Angelo Morino, qui al meglio della sua piena maturità di ispanista. L'impresa era tremenda, e Morino l'ha risolta con bravura strepitosa. E' così creativo, così autorevole, così gaddiano che mi viene il sospetto che la sua traduzione sia persino migliore del testo originale.
Pasticciaccio nella pampa. Due anni di Gadda in Argentina. In romanzo
di Roberto Barbolini, in Panorama, 24 settembre 1994
(...) Un sottotitolo eloquente: "Il romanzo medianico degli anni dimenticati di Gadda in Argentina".
Perché medianico? Lo spiega un'epigrafe, tratta dal saggio di Giulio Cattaneo Il gran lombardo, nei confronti della quale Pasticciaccio argentino si pone come una sfida: "Se uno dei più singolari personaggi del Settecento letterario inglese incontrò uno scrittore devoto, curioso e anche impertinente che finì per dedicargli la monumentale Life of Samuel Johnson, Carlo Emilio Gadda, che è figura assai più originale, non avrà una fortuna analoga".
Butti ha raccolto il guanto attraverso questa biografia immaginaria, che ricostruisce con straordinaria plausibilità fantastica il soggiorno argentino di Gadda, fra il '22 e il '24. E verrebbe da credere a un fenomeno medianico, a una inseminazione letteraria fomentata da vento della pampa, a leggere l'ipergaddismo stilistico di queste pagine, dove certi tic espressivi dello scrittore italiani lievitano fino alla barocca grassezza d'un dipinto di Botero. Ma il mistero è svelato dallo stesso Butti: "Ho lavorato al Centro sperimentale di cinematografia di Roma, in Italia ho imparato a conoscere e amare l'opera e la figura di Gadda".
Butti non si è ispirato alla memoria storica, ma a quella stilistica dell'autore del Pasticciaccio, per reinventare il misterioso biennio trascorso nel Chaco dal ventinovenne ingegnere sul punto di maturare la propria vocazione di scrittore. Di questo periodo della sua vita, del resto, lo scrittore lombardo ha parlato poco, dedicandogli soltanto, molti anni dopo, alcune pagine al solito straordinarie che vennero pubblicate sulla Gazzetta del Popolo. Butti ha quindi buon gioco nel ridisegnare secondo una configurazione fantastica, ma psicologicamente oltre che stilisticamente plausibile, le vicende dell'ingegnere.
(...) Invano l'ingegnere cercherà di venire a capo del mondo esotico e intimamente delittuoso che lo circonda. Se ne ripartirà insoddisfatto e infelice. La vita è un pasticciaccio brutto a tutte le latitudini: un inestricabile gnòmmero, come Gadda, quello vero, farà dire un giorno al commissario Ingravallo.
|